IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento di cognizione di primo grado promosso con atto di citazione notificato in data da A.M.L e A.Q. con l'avv. P. Bonini del foro di Verona; Contro Sprintours Spa e Viaggi e Cultura di Lonardi Alessio con gli avv.ti F.Galantini del foro di Milano e R.S. Sartori del foro di Verona con la chiamata in causa di Tiran Tour, Misr Sina, e Misr Insurance tutte contumaci. 1. - Iter processuale e oggetto del giudizio. Con atto di citazione notificato in data 24 febbraio 2006 A.M.L. e sua moglie A.C. hanno convenuto in giudizio avanti a questo Tribunale la Sprintours Spa e la Viaggi e Cultura di Lonardi Alessio per sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento di tutti i danni che assumono di aver subito nel sinistro loro occorso il 17 novembre 2004, durante una vacanza in Egitto, e che hanno quantificato nella somma di euro 918.755,26 in favore della prima e in euro 38.950,00 in favore della seconda. A sostegno della loro domanda gli attori-hanno dedotto le seguenti circostanze di fatto. Nell'ottobre del 2004, in adesione ad una iniziativa di viaggio organizzato in Egitto promossa dall'Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro-Unione Provinciale di Verona, avevano stipulato un contratto di viaggio «tutto compreso» con l'agenzia «Viaggi e Cultura» di Alessio Lonardi di Verona, avente ad oggetti l'acquisto di un pacchetto turistico del Tour Operator Sprintours S.p.A. Il servizio turistico acquistato comprendeva, specificamente, il volo aereo con partenza e ritorno a Verona-Villafranca, i trasferimenti da e per l'hotel alla citta' de Il Cairo, il soggiorno in essa per tre notti, l'escursione in bus ad Alessandria d'Egitto e la Crociera per tre notti sul Nilo, a bordo della motonave Sprintours Tower Prestige, il tutto per la durata di otto giorni e sette notti dal 15 novembre al 22 novembre 2004. Durante l'escursione organizzata ad Alessandria d'Egitto, l'autista del mezzo, sul quale si erano trovati in qualita' di passeggeri gli attori, a causa di una condotta di' guida pericolosa ed imprudente, che e' stata dettagliatamente descritta gia' in atto di citazione, aveva perso il controllo del medesimo che si era rovesciato. A seguito del sinistro i sigg.ri A. e A. si erano procurati lesioni gravissime, tutte meglio descritte in atto di citazione, e in particolare l'A. aveva riportato la deformazione del volto per esiti cicatriziali nonche' gravi lesioni al braccio superiore destro che ne avevano imposto l'amputazione. Gli attori hanno affermato che la responsabilita' delle convenute per quanto loro accaduto nelle sopra dette circostanze deriva dall'avere esse rivestito la qualita' di organizzatori del predetto viaggio, e quindi dalla violazione degli obblighi previsti per tale figura sia dalla legge n.1084/1977 di ratifica della convenzione sul contratto di viaggio sia dal d.lgs. n. 111/1995. Gli attori hanno poi invocato, quale ulteriore e distinto titolo di responsabilita' delle convenute, quello dell'art. 2049 cc. Le convenute si sono costituite ritualmente in giudizio non contestando la dinamica del sinistro e gli antefatti di esso, come esposti da controparte, ma svolgendo una articolata difesa in punto di diritto nell'ambito della quale hanno sostenuto nell'ordine: l'assenza di qualsiasi responsabilita' per l'accaduto in capo a Viaggi e Cultura sulla base dell'assunto che non era stata organizzatrice del viaggio essendosi limitata a svolgere attivita' di intermediazione nella vendita; l'applicabilita' alla fattispecie della disciplina di cui alla Convenzione Internazionale sul contratto di viaggio del 1970 e non gia' di quella contenuta nel d.lgs. n. 111/1995; in ogni caso la non spettanza del danno patrimoniale e del c.d danno da vacanza rovinata agli attori; la mancanza di prova in ordine alla sussistenza del danno biologico e di quello morale; la vigenza per qualsiasi pretesa di risarcimento dei danni alla persona dei limiti risarcitori di cui agli att. 13 pf. 2 e 15 della convenzione di Bruxelles. Le convenute hanno comunque chiesto ed ottenuto l'autorizzazione a convenire in giudizio avanti a questo Tribunale la ditta alla quale la Sprintours aveva commissionato l'effettuazione del servizio di trasporto durante il quale si era verificato il sinistro, ossia la Tiran Tour, nonche' la ditta proprietaria dell'automezzo che era stato utilizzato a quel fine, la Misr Sina, e la compagnia assicuratrice della responsabilita' civile verso terzi di quest'ultima, ossia la Misr Insurance. Tutte queste societa', aventi sede in Egitto, sebbene ritualmente convenute in giudizio, non si sono costituite e sono state pertanto dichiarate contumaci. Nella fase istruttoria e' stata svolta una ctu medico legale sulla persona degli attori. All'udienza del 19 maggio 2010 la causa, previa discussione orale, e' stata trattenuta in decisione ai sensi dell'art. 281-quinquies ultimo comma cpc. 2. - La normativa applicabile alla fattispecie. E' necessario innanzitutto individuare la disciplina di legge in base alla quale valutare il ruolo e la condotta delle convenute nel caso di' specie. L'assunto delle convenute secondo cui si tratta della Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970 (d'ora innanzi per brevita' CCV) non puo' essere condiviso in quanto si fonda su supposti giuridici erronei. Il primo di essi e' che il d.lgs. n. 111/1995, poi trasfuso con modifiche nel codice del consumo, sarebbe applicabile solo ai viaggi effettuati all'interno della Unione europea, con la conseguenza che, poiche' il pacchetto turistico acquistato dagli attori riguardava un viaggio e soggiorno in Egitto, ossia una localita' extraeuropea, dovrebbe applicarsi la CCV. Sul punto e' agevole replicare che l'art. 82 comma 1 d.lgs. n. 206/2005 stabilisce che le disposizioni contenute in tale testo di legge si applicano ai pacchetti turistici venduti nel territorio nazionale dall'organizzatore o dal venditore. Il criterio che determina l'applicazione di tale disciplina, quindi e' solo quello del luogo in cui e' stato acquistato il pacchetto turistico, a prescindere dal luogo ove tale contratto abbia trovato, in tutto o in parte esecuzione, e anche dalla nazionalita' dei contraenti. D'altro canto il testo di legge in esame costituisce puntuale applicazione della direttiva comunitaria 90/314, concernente i viaggi, le vacanze e i circuiti tutto compreso, che all'articolo 1 enunciava quale fosse la sua finalita', ossia quella di «ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri concernenti i viaggi, le vacanze e i' giri turistici "tutto compreso" venduti o offerti in vendita nel territorio della Comunita'». Nel caso di specie il presupposto indicato dalla normativa nazionale succitata e' pienamente integrato, senza che su di esso possa influire in alcun modo la condizione di cittadini di uno stato comunitario delle parti, rimanendo invece da risolvere il problema del coordinamento tra la CCV e il d.lgs. n. 111/1995. La difesa di parte convenuta sul punto ha ritenuto di poter individuare, quale elemento di specialita' tra le due discipline, che comporta la prevalenza nel caso di specie della CCV, la riserva che venne apposta dall'Italia al momento della sottoscrizione della convenzione e mediante la quale venne stabilito che la CCV sarebbe stata applicata nei casi in cui il contratto di viaggio dovesse essere eseguito, in tutto o in parte, in territorio straniero. Orbene appare improprio il significato che le convenute hanno inteso attribuire a tale restrizione alla applicazione della CCV da parte dello Stato italiano, se non altro perche', nel momento in cui venne introdotta, non poteva avere la finalita' di regolare il coordinamento con la normativa comunitaria di molti anni successiva. In realta' le difficolta' di coordinamento tra le due discipline, che indubbiamente esistono, sono superabili sulla base dei criteri individuati dalla elaborazione dottrinale e giurisprudenziale. In particolare la prima ha chiarito che il d.lgs. disciplina i pacchetti turistici tutto compreso, che e' una fattispecie distinta dal contratto di organizzazione (artt. 5 e segg.) o di intermediazione (artt. 17 e segg.) di viaggio (CCV) di cui alla Conv. di Bruxelles del 23 aprile 1970. Secondo quest'ultimo schema contrattuale, infatti, un operatore turistico professionale si obbliga, verso corrispettivo, a procurare uno o piu' servizi di base (trasporto, albergo, ecc.) per l'effettuazione di un viaggio o di un soggiorno. In tale figura contrattuale, quindi, le prestazioni ed i servizi si profilano come separati, e vengono in rilievo diversi tipi di rapporto, prevalendo gli aspetti dell'organizzazione e dell'intermediazione (cfr. Cass., 17 luglio 2001, n. 9691; Cass., 6 novembre 1996, n. 9643), con applicazione in particolare della disciplina del trasporto (cfr. Cass., 6 novembre 1996, n. 9643; Cass., 26 giugno 1964, n. 1706), ovvero, in difetto di diretta assunzione da parte dell'organizzatore dell'obbligo di trasporto dei clienti, del mandato senza rappresentanza o dell'appalto di servizi (cfr. Cass., 23 aprile 1997, n. 3504; Cass., 6 gennaio 1982, n. 7; Cass., 28 maggio 1977, n. 2202), a prescindere dal diverso ambito di applicazione derivante dai (differenti) limiti territoriali. Il contratto di viaggio vacanza «tutto compreso» (o di package), invece, si caratterizza sia sotto il profilo soggettivo che per l'oggetto e la finalita'. Il «pacchetto turistico», che puo' essere alienato dall'organizzatore, direttamente o tramite un venditore (d.lgs. n. 111 del 1995, art. 3, comma 2, ora trasfuso nel d.lgs. n. 206 del 2005, art. 83, comma 2 detto anche Codice dei consumo), risulta infatti dalla prefissata combinazione di almeno due degli elementi costituiti dal trasporto, dall'alloggio e da servizi turistici agli stessi non accessori (itinerario, visite, escursioni con accompagnatori e guide turistiche, ecc.) costituenti parte significativa del «pacchetto turistico», con durata superiore alle 24 ore ovvero estendentesi per un periodo di tempo comportante almeno una notte (d.lgs. n. 111 del 1995, artt. 2 e segg., ora trasfuso nell'art. 84 del Codice del Consumo). La pluralita' di attivita' e servizi che compendiano la prestazione valgono in particolare a connotare la finalita' che la stessa e' volta a realizzare. La Corte di cassazione ha poi ulteriormente chiarito tale distinzione precisando che: «Il trasporto o il soggiorno o il servizio alberghiero assumono infatti al riguardo rilievo non gia' singolarmente e separatamente considerati bensi' nella loro unitarieta' funzionale, non potendo al riguardo prescindersi dalla considerazione dei medesimi alla stregua della «finalita' turistica» che la prestazione complessa di cui si sostanziano appunto quali elementi costitutivi e' funzionalmente volta a soddisfare». (cfr. in tali termini Cass. 24 luglio 2007 n. 16315). 3. - Fondatezza del giudizio di responsabilita' nei confronti della Sprintours Spa e conseguente rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. Una volta individuata la disciplina applicabile al caso in esame ben puo' essere affermata, in base ad essa, la responsabilita' per il sinistro occorso agli attori, quanto meno della Sprintours Spa, quale organizzatore del viaggio, ai sensi dell'art. 14 del d.lgs. n. 115/1995. Tale giudizio muove dalla considerazione che e' pacifico sia che fu la Sprintours ad affidare alla Tiran Tour il trasporto della comitiva di cui facevano parte gli attori sia che l'automezzo sul quale gli attori viaggiavano usci' di strada mentre era diretto alla localita' prevista dal programma di viaggio. A far escludere la responsabilita' della convenuta non possono valere le circostanze che essa ha dedotto, e chiesto di provare a mezzo testimoni, ossia che il sinistro si verifico' per la negligenza o imperizia dell'autista del pullman, il quale perse il controllo dello stesso a causa della pioggia che aveva ricoperto il manto stradale (si vedano i capitoli n. 4 e 5 della memoria ex art. 183 6° comma n. 2 cpc il secondo dei quali diretto a comprovare che quel soggetto venne anche condannato in sede penale nel suo paese per il sinistro per cui e' causa). Infatti nessuno dei predetti fattori causali, anche se dimostrato, potrebbe costituire quell'elemento eccezionale o imprevedibile che solo vale ad esonerare da responsabilita' l'organizzatore di viaggio. Invero costituisce ormai principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui l'organizzatore del viaggio e' sempre responsabile per il mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico salvo il caso in cui egli riesca a dimostrare che il mancato esatto adempimento e' dipeso da impossibilita' della prestazione derivante a causa a lui non imputabile, causa che, in base all'art. 17, puo' consistere soltanto nel fatto del terzo a carattere imprevedibile o inevitabile ovvero nel caso fortuito o nella forza maggiore. (cfr. Cass. 9 novembre 2004, n. 21343). Nella medesima prospettiva con un'altra pronuncia (la n. 25396 del 3 dicembre 2009) la Suprema Corte ha poi chiarito, proprio con riguardo alla responsabilita' dell'organizzatore per il comportamento del terzo di cui si sia avvalso nell'esecuzione delle prestazioni ricomprese nel pacchetto turistico che: «I casi di esonero della responsabilita' dell'organizzatore contemplati dal successivo art. 17 comma 1° non sono riferibili all'organizzatore in relazione al comportamento del prestatore di servizi (che per avventura si presenti come imprevedibile per l'organizzatore), ma in tanto sono suscettibili di esonerare l'organizzatore del viaggio dalla responsabilita' nei confronti del consumatore acquirente in quanto dalla responsabilita' sarebbe anzitutto esonerato il prestatore». In altri termini l'organizzatore di viaggio puo' andare esente da responsabilita' nei confronti del viaggiatore, per l'inadempimento del terzo di cui si sia avvalso, negli stessi limiti e alle stesse condizioni in cui puo' farlo il terzo stesso. Calando tale principio nel caso di specie la suddetta possibilita' va decisamente esclusa, atteso che la riconosciuta negligenza o imperizia dell'autista della Tiran Tour non varrebbe ad escludere la responsabilita' di tale societa' per il sinistro, tanto piu' se si considera che e' stata ricollegata a condizioni meteorologiche e di manto stradale ordinarie, comunque tali da non richiedere una particolare perizia nella guida. 4. - L'applicabilita' al caso di specie del limite risarcitorio previsto dall'art. 15 del d.lgs. n. 111/95 nella versione ante riforma. La ctu medico legale che e' stata svolta nel corso del giudizio ha concluso che il sig. A., a causa del sinistro, ha riportato gravissime lesioni personali, quali un grave trauma all'arto superiore di destra a seguito del quale e' stato necessario procedere alla sua amputazione fino al terzo superiore dell'arto, un trauma facciale con perdita di sostanza e un trauma cranico con amnesia retrograda. Il ctu ha stimato in novanta giorni il periodo di invalidita' temporanea e nella misura del 75% quello di invalidita' permanente conseguente alle predette lesioni. L'entita' economica del danno alla persona subito dall'A. e' stata quantificata dal suo difensore, sulla base dei criteri solitamente seguiti a tal fine e delle conclusioni della ctu, in euro 808.119,74, importo che risulta notevolmente superiore al limite previsto per tale tipo di danno dalla CCV, come richiamata dall'art. 15 del d.lgs. n. 115/1995 nella sua versione originaria (50.000 franchi oro equivalenti alla data dell'agosto 2009 ad euro 313.500,00). La difesa degli attori al fine di escludere l'applicabilita' al caso di specie di tale limite ha sostenuto che la norma in esame e' stata abrogata, dapprima implicitamente, per effetto del d.l. 8 settembre 2004 n. 237, convertito il legge 9 novembre 2004, n. 265, e poi espressamente a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 9 maggio 2005, n. 96, art. 17, comma 2. Tale argomentazione non puo' essere condivisa in quanto si fonda su un presupposto erroneo, ossia che il succitato decreto-legge, poi convertito, abbia inciso direttamente sull'art. 15 del d.lgs. n. 111/1995. In realta' tale testo normativo era una legge delega, mediante la quale si autorizzava il legislatore delegato ad emanare provvedimenti legislativi mirati ad integrare il codice della navigazione (si tratta della c.d. Revisione della parte aeronautica del Codice della navigazione), e pertanto, in assenza di provvedimenti di dettaglio, non ha prodotto nessuna modifica del testo dell'art. 15 citato. Solo con il d.lgs. 9 maggio 2005, n. 96, e' stata attuata la delega per la «Revisione della parte aeronautica del Codice della navigazione», ed in tale occasione, per effetto dell'art. 7 comma 2 del medesimo decreto, sono stati abrogati i commi 1 e 3 del menzionato art. 15, affinche' la materia dei danni alla persona nel corso dell'esecuzione dei pacchetti di viaggio non contenesse norme in contrasto con il nuovo regime della responsabilita' del vettore aereo disciplinata, a livello internazionale, dalla Convenzione di Montreal del 1999 ed a livello comunitario dai Regolamenti CE n. 2027/97 e n. 889/02. Sulla base di tale ricostruzione risulta evidente che, sino al maggio 2005, l'art. 15 del d.lgs. n. 111/95 conteneva sempre la previsione del limite dell'obbligazione risarcitoria del Tour operator e che a tale disciplina risulta assoggettata la fattispecie in esame, dal momento che il contratto di viaggio, come detto, e' stato :concluso nell'ottobre del 2004 ed il sinistro si e' verificato il 17 novembre 2004. 5. - Incompatibilita' del limite risarcitorio di cui all'art. 15 del d.lgs. n. 111/1995 nella versione precedente il d.lgs. n. 96/2005 con la direttiva comunitaria sui pacchetti di viaggio ma impossibilita' per il Giudice nazionale di disapplicare tale norma nella parte in cui stabilisce il predetto limite. Il patrocinio degli attori ha anche sostenuto che il limite dell'obbligazione risarcitoria per danni alla persona mediante richiamo alla Convenzione CCV presente nella formulazione originaria dell'art. 15 del d.lgs. n. 111/1995, sarebbe in contrasto con il testo della direttiva n. 90/314/CEE concernente i viaggi le vacanze ed i circuiti tutto compreso, ed in particolare con il comma 3 del n. 2 dell'art. 5 di essa, che consente agli Stati membri di ammettere che l'indennizzo «sia limitato conformemente alle convenzioni internazionali che disciplinano dette prestazioni». Secondo l'interpretazione di parte attrice le prestazioni in questione sono quelle che «formano oggetto del pacchetto tutto compreso» e che sono menzionate al periodo appena precedente della richiamata norma, mentre la CCV non disciplina le prestazioni che formano oggetto del pacchetto di viaggio ma la fattispecie dell'organizzazione di viaggio, quale attivita' complessa autonoma. Orbene a conforto di tale esegesi vale la considerazione che nelle premesse la direttiva non richiama la CCV tra le convenzioni internazionali che disciplinano alcune delle prestazioni che sono oggetto di un servizio tutto compreso, prevedendo dei limiti alla responsabilita' di chi le effettua. Il passo al quale si intende far riferimento e' il seguente: «considerando che, quando la responsabilita' dell'organizzazione e/o del venditore risulta dall'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni oggetto di un servizio tutto compreso, e' opportuno poter limitare tale responsabilita' conformemente alle convenzioni internazionali che disciplinano queste prestazioni, in particolare la convenzione di Varsavia del 1929 sul trasporto aereo internazionale, la convenzione di Berna del 1961 sul trasporto ferroviario, la convenzione di Atene del 1974 relativa al trasporto via mare e la convenzione di Parigi del 1962 sulla responsabilita' degli albergatori». Coerentemente a tale premessa l'art. 5 della direttiva, nel consentire che gli Stati membri prevedano limiti all'indennizzo per i danni derivanti dall'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del servizio tutto compreso, ha ribadito che tali limitazioni devono essere conformi «alle convenzioni internazionali che disciplinano dette prestazioni». Risulta chiaro da tale disciplina come il legislatore comunitario non avesse previsto limiti per il risarcimento dei danni alla persona che si verifichino nel corso di un servizio di trasporto terrestre, incluso in un viaggio tutto compreso, quale quello di cui si discute, dal momento che non esistono, ne' esistevano al momento dell'adozione della direttiva 90/314, convenzioni internazionali regolanti tale fattispecie. E' perfettamente comprensibile, pertanto, che la direttiva in esame non abbia nemmeno richiamato i limiti risarcitori previsti dalla CCV atteso che essa regola una fattispecie contrattuale complessa e non gia' una o piu' delle prestazioni che possono essere incluse in essa. Ad ulteriore conforto della interpretazione qui sostenuta va evidenziato che il legislatore nazionale ha formulato l'art. 15 del d.lgs. n. 111/95 in modo solo in parte corrispondente al testo della direttiva comunitaria, non solo perche' ha inserito tra le convenzioni internazionali che prevedono limiti di risarcimento del danno alla persona anche quella di Bruxelles, ma perche' ha precisato che tali convenzioni «disciplinano la materia». Tale espressione e' significativamente diversa da quella usata nella direttiva Cee in quanto postula, erroneamente, una piena coincidenza tra l'ambito di applicazione di fonti di diritto internazionale menzionate e il contratto avente ad oggetto pacchetti turistici. E' appena il caso di chiarire, poi, che il legislatore nazionale ha inteso riferire limiti risarcitori previsti dalla CCV alle ipotesi di responsabilita' dell'operatore conseguente alla sua attivita' di organizzazione e coordinamento delle singole prestazioni di cui si compone il viaggio/soggiorno e al trasporto terrestre, fattispecie che viene in rilievo nel caso di specie. Una volta stabilito il contrasto tra la normativa interna in esame e la direttiva europea la conseguenza non puo' pero' essere quella, pretesa dagli attori, della «disapplicazione» della normativa interna in contrasto con la direttiva europea. La giurisprudenza comunitaria ha chiarito da tempo che un simile esito e' possibile solo nei casi in cui si voglia far prevalere il disposto di una direttiva non attuata rispetto ad una previsione normativa interna in conflitto con la prima e sussistano la duplice condizione che la direttiva sia dotata di efficacia diretta nell'ordinamento nazionale e che la controversia verta fra un privato ed una autorita' dello Stato membro e non solamente fra privati. Quest'ultimo presupposto e' indispensabile dal momento che, ad oggi, le direttive comunitarie possono avere efficacia diretta solo in senso «verticale», cioe' tra cittadino e Stato membro, e non in senso «orizzontale», ossia nei rapporti fra privati (v. Sentenza della Corte di Giustizia CE 14 luglio 1994 Faccini Dori, causa C91/92, in Racc. p. I-3325). Nel caso di specie non potrebbe nemmeno soccorrere il criterio del c.d. «obbligo della interpretazione conforme» al quale e' tenuto il giudice nazionale che ravvisi un contrasto tra una direttiva comunitaria e legge nazionale attuativa di essa e in base al quale, come ha precisato la Corte di Giustizia della UE,: «spetta al giudice nazionale dare alla legge adottata per l'attuazione della direttiva, in tutti i casi in cui il diritto nazionale gli attribuisce un margine discrezionale, un'interpretazione ed un'applicazione conformi alle esigenze del diritto comunitario» (v. sentenza 10 aprile 1984 Von Colson, causa 14/83 in Racc. p.1891). Da tale massima si evince infatti che, per poter procedere ad una simile attivita' esegetica, occorre che, dal confronto tra la norma interna e quella comunitaria, emerga un «margine di discrezionalita' che consenta all'interprete di scegliere tra due interpretazioni possibili della norma interna...» in assenza del quale l'obbligo di procedere ad una interpretazione conforme della previsione interna non sussiste. Nel caso di specie, il metodo della interpretazione conforme non puo' essere utilmente invocato, dovendosi escludere qualsiasi margine di discrezionalita' interpretativa a fronte della chiarezza e inequivocita' dell'art. 15 del d.lgs. n. 111/95 nella sua versione originaria laddove richiamo esplicitamente i limiti di debito previsti dalla CCV. L'unico rimedio eventualmente esperibile di fronte al rilevato contrasto potrebbe essere quello dell'azione risarcitoria nei confronti dello Stato italiano per la non attuazione della direttiva comunitaria da parte dei soggetti a cio' legittimati ai sensi dell'art. 235 Trattato Ue. 6. - La questione di legittimita' costituzionale. Dopo quanto osservato in ordine alla responsabilita' della Sprintours per sinistro occorso agli attori e' invece rilevante e non manifestamente infondata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15 del d.lgs. n. 111/95 nella sua versione originaria, che e' stata prospettata dalla difesa degli attori. Effettivamente la legge comunitaria del 1993 (si tratta della legge 22 febbraio 1994 n. 146) delego', tra l'altro, il governo ad attuare direttiva Viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso. In particolare l'art. 24 a), di tale legge indico' trai principi e criteri direttivi quello secondo cui il legislatore delegato, nel disciplinare il contratto di pacchetto turistico, avrebbe dovuto tenere conto delle disposizioni piu' favorevoli contenute nella legge n. 1084/77 (si tratta della legge di ratifica della CCV). L'art. 24, lett. b) invece previde che il risarcimento dei danni diversi dal danno alla persona derivanti da inadempimento o cattiva esecuzione delle prestazioni, sarebbe stato ammesso nei limiti stabiliti dalla legge n. 1084/77. Da tale contenuto si desume che il legislatore non aveva conferito nessuna delega ad introdurre limiti risarcitori per i danni alla persona, cosicche' l'art. 15 d.lgs. n. 115/1995, con riguardo a tale previsione, e' in contrasto con gli artt. 76 e 77 Costituzione per difetto di delega. Le argomentazioni svolte da parte convenuta per giustificare la conformita' alla delega del decreto legislativo non sono per nulla convincenti. Infatti non puo' condividersi l'osservazione secondo cui il limite all'obbligazione risarcitoria del tour operator per danni alla persona nella esecuzione di viaggi internazionali era gia' stato introdotto all'interno del nostro ordinamento con la legge 27 dicembre 1977 n. 1084 (ordine di esecuzione della CCV), giacche' tale convenzione, come si e' detto, regolava una fattispecie diversa da quella alla quale si riferiva la direttiva 90/314 e, proprio, per tale ragione, non era stata, nemmeno indirettamente, menzionata in essa. Per la stessa ragione il Governo delegato non poteva trarre nessun criterio utile a contenere l'obbligo risarcitorio del tour operator per i danni alla persona dall'art. 5, n. 2, comma 3 della citata direttiva, che, oltre a non richiamare la CCV, non stabiliva limiti peri danni alla persona che fossero stati provocati durante l'effettuazione di prestazioni di trasporto terrestre rientranti tra quelle oggetto del pacchetto turistico. Per contro il disposto dell'art. 24, lett. b) della legge 22 febbraio 1994 n. 146, che, come ha osservato il patrocinio delle convenute, ha fissato una soglia minima della entita' del risarcimento per danni diversi da quelli alla persona (la direttiva usa l'espressione «danni diversi da quelli corporali») ha costituito una puntuale attuazione della direttiva, giacche' aveva previsto che lo stesso potesse essere contenuto in virtu' di un accordo fra le parti purche' la limitazione non fosse irragionevole.